la nuova mostra di moda al museo FIT
Il Museo del Fashion Institute of Technology rappresenta una delle istituzioni più prestigiose accreditate dall'American Alliance of Museums, che include realtà internazionali dedite allo studio e alla conservazione della moda, come il Musée de la Mode Palais Galliéra, il MoMu di Anversa e il Museo de la Moda di Santiago del Cile. Il Museum at FIT attraverso mostre specializzate, programmi educativi, pubblicazioni e anche tramite contenuti podcast, rappresenta un luogo fondamentale per l'approfondimento della cultura della moda.
La nuova e attesissima mostra, che aprirà al pubblico il 24 gennaio 2024, esplora da vicino una parte specifica dell'abito che ha la forza di conferire, attraverso la sua espressività, silhouette uniche all'intero abito. Si intitola Statement Sleeves, una definizione che, come spiega la curatrice della mostra Colleen Hill: "i media di moda hanno utilizzato questo termine per meno di un decennio, eppure molti di noi possono evocare immagini di ciò che esso descrive: un modo di disegnare le maniche esagerato, decorato, elaboratamente costruito o comunque accattivante al punto da definire un capo d'abbigliamento. Le statement sleeves sono state avvistate su innumerevoli passerelle di moda negli ultimi anni, una tendenza senza segni di declino".
Christian Dior (Marc Bohan), dress, peach silk crepe dress with feather and rhinestone embellishments, fall 1968, gift of Mrs. Linda Mitchell
Non è difficile, infatti, per gli addetti ai lavori e i semplici appassionati delle sfilate notare come, negli ultimi anni, maniche di abiti sempre più elaborati abbiano fatto il loro maestoso ingresso nelle passarelle dell'haute couture e dell'alta moda. Basti pensare alle ultime presentazioni di Maison come Valentino e Balenciaga. Tale impiego delle maniche come elemento altamente "drammatico" e decorativo appartiene a una lunghissima tradizione, che si può far risalire alle prime grandi civiltà: dalla scoperta di un vestito egiziano di oltre cinquemila anni (custodito oggi nel Petrie Museum of Egyptian Archaeology di Londra) che rivela come il suo creatore piegò abilmente il tessuto di lino, creando un elegante effetto sulle spalle e sulle braccia.
Ma basta guardare alla storia dell'arte rinascimentale italiana, come negli affreschi di Domenico di Bartolo, per comprendere quanto tale porzione dell'abito segnalasse lo status sociale e le affiliazioni di chi lo indossava, senza distinzioni tra sessi. La mostra al FIT non si limita a guardare al ponderoso passato di questa storia, ma analizza anche come la comparsa delle maniche e il loro linguaggio abbiano imperversato dalla pittura alla fotografia, al cinema, ma anche nella contemporanea frammentazione della figura umana, quando la rappresentazione dello stile personale è confinata a uno schermo del computer, dove maniche vistose ci permettono di distinguerci sui display digitali e in videochiamate. Divisa in otto sezioni, Statement Sleeves introduce al tema con una panoramica delle forme comuni delle maniche come la campana, il vescovo e la manica raglan.
Una camicetta in faille di seta esemplifica lo stile a maniche a gigot in voga negli anni Novanta del 1800, con un'enorme manica gonfiata che si assottiglia dal gomito al polso. Oppure; una veste da uomo degli anni Venti, fatta di strisce di seta e velluto, sembra ispirarsi al kimono giapponese. La sezione "Opening Statements" mostra come alcuni decenni abbiano dimostrato un particolare interesse per questo soggetto: dal 1890 all'opulenza e al lusso degli anni Ottanta. Tra i settanta esemplari scelti per tracciare l'intero percorso, spicca in questa sezione l'abito del 1980 di Madame Grès con maniche oversize e drappeggiate, messo in dialogo con un abito di LaQuan Smith del 2022 che combina abilmente il drappeggio e una manica gonfia per creare una silhouette contemporanea.
©Tutti i diritti riservati a Museum at FITStephen Burrows, multicolor striped rayon jersey dress, circa 1971. Gift of Mary W. Delany.
In "Puffs e Folds" e "Pleats e Ruffles", la mostra offre una selezione unica di abiti dalle raffinatissime e geniali lavorazioni, con protagonisti rivoluzionari come le creazioni di Rudi Gernreich o una "semplice" camicetta di cotone bianco con maniche arruffate a forma di campana di Hubert de Givenchy risalente al 1952: una versione della famosa blusa Bettina che prende il nome dalla più apprezzata musa dello stilista, Bettina Graziani.
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In tutte le seguenti sezioni della mostra, Statement Sleeves celebra le variazioni creative apparentemente infinite attorno a questo elemento fondamentale nella creazione di capi unici. Le maniche strette continuano a resistere per la loro qualità democratica: non sono limitate a un particolare genere, status economico o tipo di corpo. Come ha spiegato la redattrice di moda del Guardian Jess Cartner-Morley: "C'è una gioia semplice in una tendenza che sposta l'attenzione dal corpo ai vestiti veri e propri".
Tra passato e presente, la mostra esplora tutta l'innovazione, il divertimento e la forza che un abito possiede nel trasformare la nostra identità attraverso i millenni.
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